«Proprio oggi dovevo andarla a trovare a casa, mi aveva telefonato due settimane fa e c'eravamo messi d'accordo. È un po' di tempo che ci sentiamo, ma troppo che non ci vediamo - mi aveva detto lei - dobbiamo rimediare. Sono sotto choc, era una mia carissima amica».
Sono le 10 di ieri mattina. Stretto nel cappotto, sotto il sole, lo sguardo ancora stranito proprio di chi non se l'aspettava Giorgio Donegà, 88 anni, responsabile per l'industria del nucleare in Italia ormai in pensione, si mette in fila pazientemente all'angolo tra via Dante e via Rovello, davanti all'ingresso del Piccolo Teatro Grassi dove, accolto da un lungo applauso, è appena arrivato il feretro di Ornella Vanoni, morta venerdì sera nella sua casa milanese per un arresto cardiocircolatorio. La bara spoglia, di legno chiaro, semplicissima, verrà sistemata due piani più sotto, proprio davanti al piccolo palco e dinnanzi alla platea; un flusso costante di gente che nelle ore è destinato a superare le 5mila presenze (ma la camera ardente si aprirà anche stamane dalle 10 alle 13, mentre alle 15 ci sarà il funerale a Brera, nella chiesa di San Marco) si alternerà all'interno, ascoltando le note «Domani è un altro giorno, si vedrà» per dare l'ultimo saluto, composto e commosso, di una città a una delle sue artiste più famose e amate.
«Ammetto: quando ho saputo della sua morte ci sono rimasta molto male, umilmente chiedo perdono perché la credevo immortale - spiega Antonella, 56 anni, milanese, impiegata in una azienda chimica - Così, quasi per fare ammenda, le ho portato una splendida rosa gialla, voglio omaggiare così una grande artista che rimarrà sempre nei nostri cuori, voglio salutare la mia Ornella».
Proprio per salutare la «loro» Ornella i milanesi ieri mattina si sono messi pazientemente in fila uno dietro l'altro formando un lungo serpentone che, in un silenzio semi religioso (e questo nonostante la folla della domenica mattina per i saldi seguiti al Black Friday) da piazza Cordusio si snodava fino a Largo Cairoli quasi a raggiungere il Castello Sforzesco. In molti, arrivati da fuori città per fare un giro a Milano e inconsapevoli che la camera ardente della Vanoni fosse proprio in centro, hanno accolto di buon grado il fuori programma e si sono messi in fila. Naturalmente sono stati tanti anche i vip che si sono alternati davanti al feretroo, tra questi anche quelli che sono stati gli amici di una vita, tra cui l'avvocato Anna Maria Bernardini De Pace, la senatrice Liliana Segre, Cristiano Malgioglio e Paolo Jannacci.
«Porteremo avanti il suo insegnamento anche se non eravamo pronti, non ci aspettavamo che se ne andasse - spiega il sindaco Beppe Sala che annuncia il lutto cittadino per la giornata di oggi -. Certo, Ornella mi diceva spesso che aveva i suoi acciacchi, ma era anche dotata di un grande spirito che non faceva pensare si spegnesse così all'improvviso. Lei, scherzando, sosteneva che non voleva che le venisse intestata una via o altro da morta, ma che le sarebbe piaciuto avere anche solo una aiuola che portasse il suo nome mentre però era ancora in vita. Sinceramente come Comune di Milano vorremmo fare qualcosa di un po' più significativo per ricordarla, per fa sì che lei sia sempre un po' tra di noi, ma per trovare qualcosa di congeniale dobbiamo anche sentire la famiglia e le persone che le erano più vicine nell'ultima fase della sua vita».
Encomiabile l'impegno di Massimiliano Finazzer Flory che, con la scomparsa di Ornella Vanoni, ha aiutato a organizzare la sua camera ardente in tempi ridottissimi. E ieri il drammaturgo se ne stava davanti al feretro pronto ad accogliere chi veniva per una visita, ancora incredulo di non poter realizzare con Ornella i tanti progetti che si erano ripromessi. «Come direttore artistico della Statale quest'anno avevo avuto il privilegio di farle avere la laurea honoris causa e come consigliere del Piccolo le avevo promesso che questo teatro sarebbe stata sempre casa sua: in tempi non sospetti le dissi che lei era partita da qui e qui sarebbe tornata - ci racconta -. Abbiamo fatto un film insieme su Pasolini parlando d'amore. Spero potremmo creare in città qualcosa che la ricordi e dedicato ai giovani che la amavano molto perché, come maestra di vita, ci insegna qualcosa che resta importantissimo per Milano: la voce sopravvive quando il corpo scompare, ci sono voci in questa città che dobbiamo continuare ad ascoltare. Ornella nella vecchiaia ha vissuto il momento più felice della sua esistenza, una donna libera, anche del cognome, l'Ornella di tutti».

