Nuova urbanistica per le metropoli

Scritto il 03/08/2025
da Carlo Lottieri

La nuova inchiesta che riguarda Milano e che coinvolge politici, architetti e costruttori, quale che sia l’esito processuale (e fermo restando il fatto che tutti sono innocenti fino a prova contraria), dovrebbe indurre ad alcune considerazioni.
Chiunque abbia un minimo di conoscenza della politica locale nella sua effettività sa che l’urbanistica è il regno della pianificazione: territoriale, sociale, paesaggistica, ambientale ecc. Nessuno può allora sorprendersi se a Milano come nel più piccolo dei villaggi attorno all’edilizia ci siano forti sospetti – e spesso qualcosa di più – di comportamenti scorretti.
In effetti, la pianificazione annulla i diritti fondamentali, a partire dalla proprietà, e li sostituisce con arbitrarie autorizzazioni. Di conseguenza, dove la proprietà privata quasi non esiste più e tutto deve passare attraverso decisioni politiche e permessi di un qualche ufficio, la corruzione è destinata a moltiplicarsi. Il guaio dell’inchiesta in corso è che, se anche tutto fosse falso (come ci si augura), resta il fatto che questo insano rapporto tra il pubblico e il privato è più che verosimile, dal momento che c’è qualcosa di strutturalmente sbagliato nel dominio di un apparato politico-burocratico che, con il pretesto di presunti interessi generali e chissà quali competenze, avanza pretese nei riguardi di tutti noi e può elaborare macchinazioni in combutta con affaristi senza scrupoli.
Ne discende che l’urbanistica deve al più presto essere depoliticizzata, operando un drastico sfoltimento normativo e definendo un quadro giuridico che sbarri la strada a ogni genere di interpretazione e programmazione, ma invece difenda la libertà di iniziativa e i diritti di proprietà. È assurdo che vi sia chi si ritiene legittimato a decidere, dall’alto, quali aree debbano essere agricole e quali industriali, quali debbano avere un dato alto indice di edificabilità e quali uno basso, quale futuro debba avere un quartiere e quale un altro. In fondo, se si abbandonassero le logiche parasovietiche a cui ormai siamo abituati l’edilizia diverrebbe un ambito produttivo come gli altri: il tessile, l’alimentare o l’assicurativo.
Già Lord Acton sottolineò che il potere tende a corrompere e che il potere assoluto corrompe in modo totale. Eppure il grande storico inglese nemmeno immaginava a quali livelli di perversione normativa e burocratica saremmo arrivati, a tutto beneficio degli uomini di Stato. Non ci resta che essere consapevoli di quanto è avvenuto e trarne le dirette conseguenze.